La camera obscura
Escludete da una stanza quanto più possibile la luce del giorno, consentendo l’ingresso a un unioco raggio attraverso una piccola apertura di diametro non superiore a quello di una matita. Tenete un foglio di carta bianca a una distanza di quasi 20 cm dall’apertura e vedrete comparire l’immagine di quello che si sta svolgendo all’esterno: sarà un’immagine capovolta e confusa, ma riconoscibile. Questo marchingegno per la costruzione di uno stereoscopio lo descrisse per la prima volta arisottele, nel quarto secolo a.C. Più tardi divenne la camera obscura, definizione nata in italia. Questo fu il primo strumento dei primi fotografi.
Da sempre, sin dall’età della pietra, gli uomini, che vivevano in caverne o in piccole costruzioni di pietra che agivano da camere oscure naturali, hanno osservato e registrato quei soggetti che li ispiravano: la sagoma abbozzata sulla parte della roccia dai raggi del sole, mostrava loro con quale forza e con quale accuratezza un oggetto poteva essere trasferito su una superficie piana. Indubbiamente avevano notato che alcune sagome persistevano, se esposte alla vivida luce del sole, ad esempio, nel caso dell’ombra di una foglia impressa sulla buccia di una mela.
La prima applicazione pratica della camera obscura
Il primo grande passo nella storia della fotografia è stato trovare una applicazione pratica della camera obscura: nel xvi secolo essa venne a costituire uno strumento di studio per I pittori. Guardi, canaletto, leonardo da vinci le usarono tra I primi, o almeno sono I primi di cui abbiamo documentazione certa.
La camera oscura portatile descritta da kircher
Nei 50 anni seguenti l’invenzione della lente ottica e il diaframma perfezionarono il modello originario della camera obscura. Girolamo cardano scoprì la lente: una lente biconvessa, il cui nome deriva da “lenticchia” per la similarità della forma. Daniele barbaro, attorno 1530 scoprì il diaframma.
La camera obscura portatile divenne uno strumento comune: era costituita da un obbiettivo, un diaframma e un foglio sul quale rimaneva impressa l’immagine.
Il cammino verso la prima reflex portatile
Nel tempo si diffondeva in tutta europa. Althanius kircher illustra un esempio trovato in giro in viaggio in europa: una piccola capanna abbastanza leggera per poter essere trasportata da due uomini in cui l’artista poteva entrare attraverso una botola praticata nel pavimento.
Camera oscura
Ovviamente la praticità era essenziale, e le menti migliori d’europa si impegnarono a ridurne il più possibile le dimensioni. Kaspar schott costruì una camera a scatola in cui erano presenti due obiettivi e un sistemaper la regolazione della messa a fuoco con l’adozione di due camere, di cui l’una, quella interna, poteva inserirsi a scorrimento nel corpo esterno. In inghilterra robert boyle realizzò una camera a scatola, la cui parete posteriore era costituita da un foglio di carta oleata, traslucido, su cui veniva rilasciata l’immagine. Lo stesso principio fu adottato in germania, nel 1676, da un professore di matematica che aggiunse un piccolo specchio che, inclinato di 45 gradi rispetto all’obbittivo, ne rifletteva l’immagine raddrizzandola. Sturm, questo il suo nome, aveva realizzato la prima reflex portatile, che un secolo più tardi, un monaco di wurzburg, sostituendo al foglio di carta oleata un vetro opaco e adottando un obbiettivo a telescopio formato da due elementi (uno concavo e uno convesso), di differente lunghezza focale che davano un’immagine ingrandita.
La fisica aveva dato quello che poteva allo sviluppo della macchina fotografica: era necessario che intervenisse la chimica.
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